La manifattura della maglia di cotta

Dallo studio di cinque diverse cotte datate tra l’età pre-romana e romana del ferro, si è potuta analizzare la manifattura che verosimilmente caratterizzava questo tipo di armatura, conosciuta in Europa fin da prima del 300 a.C. Mi è stato segnalato nel vecchio forum che ci sono diverse imprecisioni ed inesattezze nella traduzione, soprattutto nella parte relativa alla metallurgia-forgiatura-trattamenti termici, provvederò a correggere (purtroppo causa spam ho salvato il topic ma non il nome dell'autore che comunque ringrazio). L’articolo originale è stato scritto da Arne Jouttijärvi ed è reperibile qui.

 Introduzione^

La cotta era conosciuta in Europa fin da prima del 300 a.C.. Il metodo di confezionamento si ipotizza sia stato inventato dai Celti, ma i più vecchi ritrovamenti sono stati recuperati in Hjortespring, sull’isola di Als (in Danimarca), e datati 350 a.C. (Rosenberg 1937).
Questo reperto è stato trovato da Gustav Rosenberg nel 1921-22, ma oggi non ne è rimasta alcuna traccia. Rosenberg descrive molti metri quadri di materiale corroso. Tuttavia è rimasto un dubbio: se questa era una cotta, o uno strato di ferro naturale formatosi attorno a delle radici di una pianta, l'aspetto più curioso era che si presentava sotto forma di anelli.

I Romani adottarono le maglie di cotta e queste si usarono fino ad oltre l’età medioevale (Blair 1972:19ff, Robinson 1974:154), si usò spesso nel 12° e 13° secolo e piccoli pezzi di cotta furono usati fino al 17° secolo come parti di armatura.

Sebbene siano state usate per quasi 2000 anni, c’è stato poco interesse per la loro manifattura. Inoltre sono di ottima fattura e senza ombra di dubbio un’arte altamente specializzata, portata avanti per un lungo periodo di tempo, risultano così essere un mezzo eccellente per studiare lo sviluppo tecnologico dall’Età del Ferro al Medioevo.

 La caratterizzazione di una cotta^

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(fig. 1) Tipica costruzione di una cotta. Le file consistono di anelli privi di giunzione che si alternano a file di anelli rivettati. Ogni anello rivettato connette 4 anelli solidi.

Una maglia di cotta ha la forma di un’armatura, fatta di anelli. Dal momento che gli anelli si muovono gli uni sugli altri, la maglia è più flessibile rispetto all’armatura placcata. La cotta è inoltre più leggera, infatti la maglietta di Vimose, esposta nel Museo Nazionale Danese pesa solo 8 kg. Ma una cotta rappresenta molto più lavoro artigianale rispetto all’armatura a placche, o meglio nota come Lorica Segmentata. Nell’esercito Romano, solo i migliori legionari potevano permettersi una cotta (Robinson 1975:164). Noi non conosciamo quanto tempo ci volesse per realizzare una lorica hamata. Nella Germania Medioevale i libri delle corporazioni asseriscono che per realizzare una cotta a regola d’arte ci volevano 6 mesi. La cosa comune a tutti i tipi studiati è che le cotte consistevano di due tipi di anelli (1). Il primo è fatto da un filo curvato, sovrapposto e connesso usando un rivetto. L’altro non ha alcuna giuntura visibile. I due tipi si alternano sempre in file che permettono ad ogni anello rivettato di tenere 4 anelli privi di giuntura . (fig. 1)

 Dimensione dell’anello ed aspetto^

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(fig. 2) La sovrapposizione finale del rivetto varia da 1.5-2.0 mm a 7.0-8.0 mm. E’ sempre nella medesima direzione all’interno della cotta.

Nei tipi di cotta studiati, la dimensione dell’anello variava molto. I migliori sono stati trovati a Hedegaard, con un diametro di circa 5 mm ed uno spessore di circa 0.95 mm 0.95 mm.

Abbastanza scadente è la cotta di Brokbaer, con un diametro di circa 7.2 mm e uno spessore di circa 1.0 mm. Una cotta con anelli molto simili è stata rinvenuta a Vimose (Engelhardt 1869:12). I più grandi invece sono stati trovati a Vimose e Thorsbjerg: 10.5 mm e 12.5 mm rispettivamente, con uno spessore di 1.5 e 1.7 mm (Engelhardt 1863:59; 1869:12).

La corrosione delle maglie di ferro di Hedegaard e Kastenskov ha ingrossato gli anelli, rendendo arduo il riconoscimento dell’originale spessore. Purtroppo anche la cotta di Brokbaer è pesantemente corrosa, ma è possibile vedere che gli anelli senza giunzione hanno un lato piatto verso il buco e uno più arrotondato esteriore.

La sezione trasversale migliore dell’anello senza giunzione può essere vista sulla cotta di Vimose e Thorsbjerg. Ancora una volta, l’interno è piatto e l’esterno più arrotondato ed un solco si può scorgere tutto attorno ad un lato degli anelli. Sulla piccola di Vimose, i margini dei solchi formano perfino un alone di 0.5 – 1.0 mm. La sezione trasversale dell’anello rivettato è sempre arrotondata, sebbene lo spessore possa variare. Questi anelli non sono uniformi come quelli senza giunzione, ma tendono ad essere ovali e a variare molto di più. La sovrapposizione in prossimità del rivetto è sempre appiattita, ma sulla Brokbaer, appare solo un taglio inclinato con una sovrapposizione di 1.5 – 2.0 mm.

La più grande sovrapposizione si può osservare sulla cotta di Vimose, di ben 7.0 – 8.0 mm e sulla stessa maglia, questa segue regolarmente la stessa direzione. (fig. 2)

La testa del rivetto è arrotondata abbastanza bene in contrasto con i chiodi usati in molti casi per le riparazioni, si nota chiaramente il segno del martello!

 Studio metallurgico^

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(fig. 3) La sezione piana di un anello senza giunzione e rivettato, si nota chiaramente la diversa disposizione delle scorie. L’origine della struttura del primo anello è spiegata ottimamente dal teorizzare che questi anelli venissero tagliati da dei fogli sottili di acciaio. Se fossero stati formati per piegatura da del filo di ferro, la forma sarebbe stata molto simile a quella dei rivettati.

L’anello senza giunzione: si realizzava una sezione piana attraverso questi anelli e si prendevano una serie di profili trasversali del filo (2). La sezione piana dimostrava che gli anelli erano di un tipo di acciaio povero di carbonio. Solo pochi anelli della cotta di Thorsbjerg contengono più dello 0.3 % di carbonio. Il ferro è generalmente abbastanza omogeneo e non contiene impurità, in altre parole è di buona qualità. Gli anelli della Hedegaard contengono lo 0.2 % di fosforo. Non ci sono segni di giunzioni saldate, delle quali si potrebbe ipotizzare l’esistenza se gli anelli fossero realizzati da del filo di ferro piegato a forma di anello e poi saldato.

Alcuni suggerimenti sulla manifattura possono essere spiegati dalla disposizione delle impurità del modello, che si sviluppa parallelamente lungo bande nonostante la forma rotonda dell’anello. Un pattern irregolare di questo tipo può sussistere solo se l’anello è stato realizzato da un foglio sottile e battuto e non come assunto precedentemente da un filo di ferro saldato. (fig 3a.)

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(fig. 4) Profilo trasversale dell’anello senza giunzioni, in evidenza la tipica struttura deformata dove il materiale ai lati è stato teso verso il basso (a). In alcune cotte la parte esterna dell’anello era tondeggiante, probabilmente si rimuovevano intenzionalmente i bordi spigolosi mediante macinazione (b).

Il profilo trasversale dell’intero anello inoltre dimostra una caratteristica davvero peculiare: la struttura è chiaramente deformata, come se il materiale fosse stato teso sui lati.
Questo spiega gli aloni che persino ad occhio nudo possono essere visti su molti degli anelli. Questi sono i resti di scanalature come quelli che ancora possono essere trovati sulla piccola cotta di Vimose. Sugli anelli di Thorsbjerg, di Vimose e anche di Brokaer, l'incavo sull'interno degli anelli è molto visibile mentre l’esterno è più arrotondato. Solamente una traccia di un incavo esterno può essere vista.

Il rivettato: Una sezione orizzontale degli anelli mostra che sono fatti anche di ferro povero di carbonio. Il contenuto di fosforo nel modello di Hedegaard è compreso tra 0.1-0.2 %.
Gli anelli rivettati hanno una disposizione delle impurità completamente diversa dal primo tipo di anello considerato: le impurità sono parallele alla linea media dell’anello. Le sezioni trasversali non rivelano alcuna struttura compressa.

 

 La lavorazione degli anelli^

Le osservazioni sopra annotate possono essere interpretate come segue:

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(fig. 5) Gli anelli possono essere realizzati o mediante timbratura o in due passaggi usando una punzonatrice con diametri diversi.

Anelli interi: il materiale grezzo usato per gli anelli era un foglio spesso 1.0-2.0 mm di ferro povero di carbonio. Ogni anello veniva prodotto usando o un unico processo di punzonatura o in due passi usando una perforatrice cava. La timbratura sembrerebbe essere il processo più logico per il grande volume di anelli uniformi da realizzare, ma un simile attrezzo sembra di difficile produzione per la tecnologia di quel tempo. I singoli componenti dell'utensile dovevano essere della stessa dimensione ed il pezzo superiore doveva essere posizionato accuratamente in relazione alla parte più bassa per evitare di danneggiare l'attrezzo stesso. Inoltre, l'anello appena tagliato si poteva conficcare nell'attrezzo. Con la moderna tecnologia, sarebbero spinti fuori usando dei getti d’acqua ad alta pressione ma attorno all’anno 0 questo non sarebbe stato possibile.

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(fig. 6) Un artigiano sta macinando gli anelli. Questi sono infilati sulla corda dell'arco e poi sagomati attraverso un buco in un blocco di legno.

Bjarne Lønborg, del museo della città di Odense, ha perciò teorizzato che il metodo della punzonatrice con diametri diversi potesse essere impiegato (opinione personale). Tali attrezzi furono usati nell'Età del Ferro per la preparazione di vari metalli, anche se non il ferro. Ma siccome il ferro puro è dolce, più lavorabile del bronzo, è certamente plausibile che potesse essere tagliato con punzonatrici in acciaio. Gli anelli poi si sarebbero potuti limare, ciò spiegherebbe la superficie rotonda esteriore. Questo doveva essere fatto comunque per rimuovere abrasioni e spigoli acuti che avrebbero gravato sugli indumenti indossati sotto l’armatura, tralasciando di menzionare la pelle stessa dell’indossatore. La macinazione si poteva realizzare come descritto in un manoscritto tedesco del 15 secolo.

Anelli rivettati: La sezione trasversale rotonda e la traccia delle impurità rivelano l’origine da del filo di ferro. Questo implica prima la forgiatura del ferro in una barra sottile che è poi tirata attraverso una serie di buchi di diametro decrescente in una piastra di acciaio fino a raggiungere lo spessore desiderato. Questo è ancora oggi il metodo più usato. La fucinatura del filo è una tecnologia molto vecchia conosciuta nel Medio Oriente già nel 1000 a.C..

Si presumeva che questa tecnologia dell’Età del Ferro Europea potesse essere applicata solo all’argento, all’oro e al rame (Johansen 1953:172). Ma il filo si poteva ottenere soltanto da del ferro puro e dolce. Il filo veniva poi avvolto attorno ad un’asta e tagliato in anelli. Le estremità degli anelli venivano sovrapposte l’una sull’altra, appiattite e vi si creava un buco per il rivetto. Questo veniva fissato solo dopo averci infilato i quattro anelli interi.

Un altro metodo comune per la produzione del filo era il taglio da un foglio di acciaio di sottili strisce dai bordi. Questo conferiva al filo una sezione trasversale obliqua.

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(fig. 7) L’artigiano sul banco da lavoro. Sta usando un paio di pinze, forse per la rivettatura (Treue 1965).

Le riparazioni delle cotte erano realizzate usando anelli da del filo tagliato. Forse venivano eseguite da un fabbro locale che non aveva l'attrezzatura necessaria per tirare il filo. Il taglio sarebbe stato anche un modo molto più rapido e più facile di fare tutte le piccole lunghezze di filo necessario per la riparazione.

Queste operazioni probabilmente venivano eseguite con pinze speciali. Nessun ritrovamento archeologico conosciuto ha riportato però alla luce particolari tipi di attrezzi o utensili per la rivettatura delle cotte rotte. Un manoscritto tedesco del medioevo mostra un artigiano dell’anello che usa pinze per ribaditura. I rivetti erano sempre realizzati dal taglio del filo di ferro, spesso con uno spessore più piccolo del buco per il rivetto.

Le giunture quindi dovevano essere relativamente deboli e solamente gli anelli rivettati venivano riparati. Ma dal momento che la maggior parte dello sforzo si distribuiva su un gran numero di anelli, lo sforzo delle giunture era di solito più che sufficiente.

 Le origini della cotta di Hedegaard^

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(fig. 8) Basandosi sullo studio delle impurità dei giacimenti, l’Europa del Nord può essere divisa in 8 grandi aree, ognuna delle quali possiede delle peculiari caratteristiche chimiche.

Analizzando i piccoli elementi delle impurezze presenti nel ferro, è possibile stimare l’area geografica da dove proviene il ferro per la sua costruzione (3). Un'analisi degli anelli della Hedegaard mostra che questi contengono molto fosforo che esclude la zona della Scandinavia peninsulare ed il sud della Germania. Il basso contenuto di CaO elimina anche la parte orientale della Danimarca e la linea costiera marittima del Baltico. Le analisi sono molto simili alla zona della Germania del nord (VII), ma l'ovest dello Jutland non può essere escluso. Fig 7.

Sembra sorprendente che gli anelli di una cotta provengano dalla Germania e non dall’area Celtica. Le popolazioni germaniche sono considerate tradizionalmente barbare e non in possesso di una tecnologia sufficientemente avanzata ed organizzata tale da produrre un lavoro manuale di questo tipo. Ma potrebbe anche essere la nostra visione sbagliata. Quindi, si potrebbe immaginare che anche la tecnologia avanzata fosse conosciuta nelle aree germaniche, forse nel collegamento con i centri di ricchezza e potere come Gudme.

 

Arne Jouttijärvi fecit (fig. 9) I valori delle analisi delle impurezze della cotta di Hedegaard messi a confronto con le analisi dei riferimenti (la tolleranza oscilla tra il 66% ed il 95%) delle otto aree principali (I-VIII). L’ossido di fosforo (P205), l’ossido di calcio (CaO) l'allumina (A1203) ed il contenuto di ossido di potassio (K20) mostrano che l'origine del ferro impiegato deve essere ricercata all'interno dell'area VII, anche se la III area non può essere esclusa.

 Conclusioni^

Nonostante il carattere leggero di questo studio, delle conclusioni possono essere tracciate. L'arte per la realizzazione della cotta era molto specializzata, un compito affidato ad officine specializzate. Noi possiamo immaginare questi come parte di una più estesa 'manifattura delle armi'. Gli attrezzi e l’esperienza usata non erano disponibili nella fucina locale. In studi precedenti ed in un numero di pubblicazioni archeologiche (Drescher 1981:186) gli anelli interi sono spesso descritti come saldati. Anelli fabbricati saldando le estremità di un pezzo di filo curvo non sono stati ancora visti nel materiale danese. Saldare del filo spesso pochi millimetri è un lavoro difficile, come il calore in pezzi così piccoli di metallo è difficile da controllare. Tende a diminuire molto rapidamente quando l'oggetto è rimosso dal fuoco. Un requisito essenziale per gli anelli interi era che dovevano essere più rapidi e più facili da fabbricare dei rivettati altrimenti tutti gli anelli sarebbero rivettati. Tale cotta appare solamente nel primo Medioevo. Ciò rende la timbratura o la punzonatura più logica. La fucinatura di fogli sottili non sarebbe un problema per un fabbro esperto e la timbratura sarebbe più rapida e facile da eseguire della saldatura del filo.

 Riassumendo^

Sono stati esaminati alcuni pezzi provenienti da cinque diverse cotte, tutti datati tra l’età pre romana e romana del ferro. Queste ritrovamenti includono una tarda sepoltura pre-romana a Hedegaard nello Jutland centrale, due dalle paludi che si trovano a Vimose in Funen, e a Thorsbjerg nello Jutland meridionale, e una scoperta in Brokaer Ribe vicino allo Jutland occidentale.

Tutte le cotte si compongono alternando una fila di anelli rivettati ad una apparentemente di anelli interi (senza giunzioni). La dimensione degli anelli, tuttavia, differisce molto, variando dai 5.0 mm ai 12.5 mm di diametro esterno. Lo spessore del filo è compreso tra 0.95 e 1.7 mm. Il profilo trasversale del filo mostra che l’anello intero possiede una zona piatta all’interno e una più tondeggiante all’esterno. Una caratteristica scanalatura si scorge tutto attorno il lato basso degli anelli, questa termina qualche volta formando un alone spesso anche 1 mm. La struttura dell’anello senza giunzione è stata pesantemente deformata, il materiale è stato teso verso il basso ai bordi interni ed esterni.

Nessun segno di giunzione è stato riscontrato nella sezione piana di questi anelli. Le impurità riscontrate indicano che gli anelli furono tagliati da un foglio di ferro. La punzonatura sembra essere un metodo logico per fare grandi volumi di anelli tutti identici tra loro. È probabile che la foratura sia stata fatta usando un utensile particolare in un solo passaggio o in due passaggi usando due differenti punzonatrici.

Recenti ricerche e la letteratura archeologica spesso trattano di anelli interi realizzati mediante saldatura. Questo attualmente non è stato riscontrato nel materiale danese, e poiché la saldatura non è facile da realizzare come l’unione per ribaditura, questo metodo non possiede alcun vantaggio rispetto la foratura. La parte tondeggiante degli anelli poteva essere deliberatamente realizzata con la macinatura. Ciò avrebbe rimosso gli aloni ed avrebbe protetto un indumento di cuoio indossato sotto l’armatura. Gli anelli rivettati sono dei fili quasi circolari, infatti le impurezze nella sezione piana sono parallele alla linea media del filo.

La sovrapposizione del rivetto è sempre piatta e varia da 1.5-2.0 mm a 7.0-8.0 mm. Conseguentemente la sovrapposizione è nella stessa direzione dentro la cotta, ma può variare molto. Del filo tagliato da lamine di ferro si vede spesso inserito come riparazione. Tutti i rivetti sembrano essere fatti di piccoli pezzetti di filo tagliato. La ribaditura potrebbe essere realizzata usando speciali pinze.

Le analisi delle impurezze negli anelli della cotta di Hedegaard, hanno permesso di risalire alla provenienza del ferro. Il ferro sembra essere stato prodotto dentro l’area geografica che copre la parte centrale della Germania e la parte meridionale della Polonia.

 Note^

  1. Questo articolo è basato su uno studio di due cotte: la prima pre-romana dell’età del ferro da un luogo di sepoltura a Hedegaard (HOM 151x1054) e la seconda da Brokaer (ASR C 3281) e datata tardo periodo romano. Gli studi sono stati aggiornati con del materiale proveniente dai ritrovamenti delle paludi di Thorsbjerg (NM 19503), Vimose (NM 24219) e Kastenskov (NM C 13527).
  2. Gli esempi per l’analisi metallurgica sono stati presi dalle cotte di Hedegaard e Brokaer e completati da anelli sciolti da Thorsbjerg e Vimose. Dal momento che possedevano molte caratteristiche comuni, nonostante le dimensioni diverse degli anelli, i risultati dello studio sono descritti perciò in termini generali.
  3. Un metodo sviluppato solo recentemente dall’autore di questo articolo.

 Le fonti^

  • Arne Jouttijärvi, The manufacture of chain-mail

     Bibliografia della ricerca:

    • BLAIR C. 1972, European Armour. London
    • BRUCE-MITFORD, R. 1978, Arms, Armour and Regalia. The Sutton Hoo Ship-Burial vol. 2. London.
    • BUDINSKY-KRICKA, V. & M. LAMIOVA-SCHNIELOVA 1990, A Late 1st Century BC – 2nd Century AD Cemetary at Zemplin. Slovenska Archeologia XXXVII I-2. Bratislava.
    • BURGESS, E.M. 1953a, The Mail-Makers Technique. The Antiquaries Journal 33. Oxford.
    • BURGESS, E.M. 1953b, Further Research into the Construction of Mail Garments. The Antiquaries Journal 33. Oxford.
    • BURGESS, E.M. 1957, The Mail Shirt from Sinigaglia. The Antiquaries Journal 37. Oxford.
    • DRESCHER, H. 1981, Unterschung des Ringgeflechtes auf Sörup I. I: C. Raddatz, Sörup I. 1981 Neumünster.
    • ENGLEHARDT, C 1863, Thorsbjerg Mosefund. Sønderjyske Mosefund 1. København.
    • ENGLEHARDT, C 1869, Viemose Fundet. Sønderjyske Mosefund 2. København
    • JAHN, M. 1916, Die Bewaffnung der Germanen in der älteren Eisenzeit . Mannus Bibliothek 16. Würzburg.
    • JOHNANNSEN, O. 1953, Geschichte des Eisens. Düsseldorf.
    • RADDATZ, K. 1987, Der Thorsberger Moorfund. Katalog. Offa-Bücher. Neumünster.
    • ROBINSON, H.R. 1975, The Amrour of Imperial Rome. London.
    • ROSENBERG, G. 1937, Hjortespring Fundet. Nordiske Fortidsminder 3. København.
    • SMITH C.S. 1959, Methods of Making Chain Mail. Technology and Culture.
    • TREUE, W. (ed.) 1965, Das Hausbuch der Mendelschen Zwölfbrüderstiftung zu Nürnberg . München.

 Changelog^

  • (22/04/2006) Prima stesura